Quando, come è avvenuto lo scorso 12 maggio, si da uno sciopero del sindacalismo di base, in questo caso nella scuola contro le Prove Invalsi, i Comitati di Valutazione e per forti aumenti salariali , in parallelo ad uno sciopero del sindacalismo istituzionale si pongono, per certi versi in maniera ripetitiva, gli stessi problemi.
La questione che molti colleghi, alcuni dei quali fanno riferimento al sindacalismo di base, pongono è se sarebbe stato il caso, visto che CGIL CISL SNALS e UIL hanno indetto uno sciopero per il contratto il 20 maggio, di spostare dal 12 al 20 lo sciopero del 12 deciso da tempo e sul quale si erano schierati i diversi sindacati alternativi della scuola più la Gilda.
La pietra di paragone più immediata è il grande sciopero dei lavoratori della scuola del 5 maggio 2015 quando in piazza scese una massa imponente di lavoratori sulla base di uno sciopero che vide sia il sindacalismo istituzionale che quello di base provvisoriamente uniti.
Innegabilmente, in quel momento, si visse un clima di euforia, di eccitazione, di percezione di una forza potenziale notevolissima, di una forza tale da piegare il governo.
Credo che, a questo proposito, vadano valutati separatamente i due termini, forza e potenziale.
Indubbiamente, infatti, il 5 maggio 2015 si ebbe percezione del fatto che i lavoratori della scuola erano compattamente contrari alla Legge 107 (Buona Scuola) al di là delle appartenenze sindacali, delle collocazioni politiche e culturali e che, nel contempo, la discesa in campo del sindacalismo istituzionale aveva favorito la partecipazione alla mobilitazione dei settori più moderati della categoria. Questa unità era un fattore indiscutibile di forza.
Pure, si trattava di una forza solo potenziale come si incaricarono di dimostrare i fatti seguenti. Quando, infatti, il governo, fatte alcune concessioni marginali, tirò dritto, proprio il fatto che la categoria aveva delegato ai sindacati la funzione di organizzare il conflitto fu l’elemento principale di debolezza che determinò la sconfitta. Era, infatti, assolutamente necessario a quel punto incrudire la lotta e, per dirla con più franchezza che discrezione, scioperare contro quanto impone la legislazione antisciopero una legislazione che rende le lotte sindacali nel pubblico impiego attività essenzialmente rituali. E, a quel punto, CGIL CISL Gilda SNALS e UIL, tirarono le redini e non ebbero molte difficoltà a farlo proprio grazie all’attitudine “unitaria” dei lavoratori della scuola. Quando si deve procedere per forza assieme è evidente che il ritmo lo da il settore più lento del convoglio e, in questo caso il settore non solo più lento ma anche quello che dava la direzione di marcia. infatti già allora, come abbiamo verificato poi, il sindacalismo istituzionale aveva come obiettivo non il ritiro secco della Legge 107 ma la sua mitigazione.
Dunque, un problema di debolezza dell’autonoma capacità di azione della categoria e, per altri versi, un problema derivante dall’egemonia di fatto del sindacalismo istituzionale su di una categoria per gran parte moderata.
Torniamo all’oggi, e poniamo la domanda se lo sciopero del 12 e quello del 20 sono sovrapponibili dal punto di vista delle piattaforme.
Per quanto riguarda l’opposizione ai Comitati di Valutazione* che stanno stabilendo i criteri sula base dei quali i dirigenti scolastici dovranno premiare i “meritevoli”, CGIL CISL Gilda SNALS e UIL sono propongono di affidare la gestione dei “premi” alla contrattazione fra RSU di istituto e dirigenti mentre il sindacalismo di base, sia pure con proposte specifiche differenziate, è seccamente contrario al sistema dei premi, una differenza di non poco conto a mio avviso.
Per quanto riguarda le richieste dello sciopero, basta riportare quanto prevede su un punto nodale la piattaforma di CGIL CISL SNALS UIL per lo sciopero del 20 maggio:
”Per una valorizzazione della professione docente, centrata – diversamente da quanto prevede la legge 107 - sulla valutazione del lavoro collegiale e sull’impegno individuale, alleggerito dagli attuali eccessi burocratici - attraverso l’introduzione di meccanismi oggettivi di progressione della carriera da definirsi in ambito contrattuale. Il salario va ricondotto all’accordo fra le parti e sottratto all’arbitrio di un organo monocratico. ”
Proviamo a tradurre in italiano, per questi signori un sistema di premi v benissimo, basta sia concordato e gestito anche da loro.
Ancora una volta l’esatto contrario di quanto richiede il sindacalismo di base che punta su consistenti aumenti in paga base tali da recuperare, almeno, quanto sottrattoci negli ultimi anni.
Per provvisoriamente, concludere
- a mio avviso vi possono essere occasioni nelle quali una mobilitazione di massa può, provvisoriamente e con le contraddizioni e difficoltà del caso, “utilizzare” le mobilitazioni indette dal sindacalismo istituzionale ma è allora necessario che la mobilitazione sia tale da andare oltre i limiti posti dal sindacalismo istituzionale stesso per essere efficace e non è quella attuale la situazione;
- se non è così, e in quest’occasione così non è, basta avere un’idea di quanto avviene nelle scuole per rendersene conto, è evidente che lo sciopero del 20 maggio è un semplice sfogatoio messo in campo anche per impedire che intorno a quello del 12, indetto su di una piattaforma di netta opposizione della politica del governo si aggregassero forze e che appiattirsi sulla data imposta dai sindacati istituzionali sarebbe stato un portar loro l’acqua con le orecchie, per dirla alla buona,o, se si vuole essere raffinati, un lavorare per il Re di Prussia.
Quello del 12 maggio è stato indubbiamente uno sciopero di minoranza, reso difficile non solo dalla presenza di quello del 20 ma da diversi altri fattori, pure ha visto la mobilitazione di un settore combattivo della categoria è ha contribuito a definire con chiarezza gli schieramenti.
Dalla forza messa in campo giovedì scorso si deve realisticamente partire anche per colloquiare con i lavoratori che subiscono l’egemonia del sindacalismo istituzionale ma se non ha forza propria non si interloquisce con nessuno, si è semplice forza ausiliaria di altri che hanno altri obiettivi rispetto ai nostri.
Cosimo Scarinzi
* Su quanto sta avvenendo per quanto riguarda i Comitati di Valutazione, e la situazione è ancora confusissima, riporto alcuni miei appunti.
Molto schematicamente, un quadro di ciò che sta avvenendo non si può, ovviamente, ancora avere. Il fatto è che le migliaia di Comitati di Valutazione sparsi per l’Italia e le centinaia in provincia di Torino non possono che o utilizzare dei modelli precostituiti o inventare soluzioni originali.
A nostro avviso tutta questa faccenda ha, nella sua follia, una logica:
- donare ai docenti la corda con la quale impiccarsi dando mandato ai propri rappresentanti nei comitati di valutazione di scegliere dei criteri sulla cui base, non dimentichiamo, sarà il Dirigente Scolastico a decidere;
- dividere i docenti fra d loro favorendo una gara autodistruttiva, un vero e proprio distrattore di massa rispetto alla questione centrale, tre contratti saltati ed un radicale impoverimento della categoria come della massa dei lavoratori dipendenti,
- fornire un’effettiva possibilità ai premiati di recuperare una quattordicesima o giù di lì e ai dirigenti scolastici di premiare una propria corte di fedeli/fidati
La novità sta nel fatto che molti dirigenti e Comitati di Valutazione propongono ai docenti di candidarsi per il premio al fine di “dimostrare” che molti insegnanti sono d’accordo e di sollevare il Dirigente stesso da un compito antipatico. Questa soluzione è illegittima rispetto alla stessa Legge 107 ma, se sarà diffusa, sarà difficile rintuzzarla.
I primi casi scandalosi vertono su alcuni punti:
- il considerare le assenze per malattia come un comportamento da sanzionare escludendo dal premio. Una mostruosità dal punto di vista giuridico rispetto alla quale faremo una diffida e, nel caso di applicazione, agiremo in sede legale;
- il considerare fra i criteri i buoni rapporti con il Dirigente stesso, il Dirigente si pone come giudice rispetto alle PROPRIE relazioni con i docenti;
- il porre un tetto ai numero dei possibile premiandi al fine, evidente, di garantire premi cospicui alla corte dei fedelissimi. E’ evidente che si entra nell’assurdo, poniamo che in una scuola i meritevoli siano il 15%, è evidente che saremmo di fronte ad una scuola devastata con un 85% di incapaci.